Criptovalute, le imposte sul reddito delle persone fisiche

La Direzione Generale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate (Interpello 956-39/2018, presentato a gennaio 2018) fornisce interessanti chiarimenti sulla tassazione delle criptovalute.

Ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali estere. Pertanto:

Per predisporre la dichiarazione dei redditi, al fine di evitare una vera e propria truffa, è necessario che l’intermediario con cui si effettua trading sulle Criptovalute rilasci il possesso delle certificazioni.

Per avere una gestione fiscale più semplice si può pensare al regime del risparmio amministrato. Si tratta di un regime di tassazione che viene applicato direttamente dall’intermediario, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n.461 del 1997.

Questo regime tiene può essere utilizzato soltanto in caso di intermediario finanziario residente. Quando, invece si opera con intermediario non residente il regime del risparmio amministrato trova applicazione solo quando alternativamente:

In mancanza di un intermediario residente, ai sensi dell’art.5 comma 2 D.lgs. 461/97,  l’investitore persona fisica di criptovalute dovrà assolvere all’obbligo di dichiarare i redditi, verificando determinate circostanze, compilando il quadro RT dei Redditi diversi della propria dichiarazione personale. In particolare si dovrà compilare il rigo  RT21 per indicare il totale dei corrispettivi derivanti dalla cessione della criptovaluta. Si dovrà compilare il rigo RT22 per indicare l’importo complessivo del costo fiscalmente delle criptovalute, il rigo RT26 per la plusvalenza, il rigo RT27 per l’imposta sostitutiva pari al 26%.

Che cosa succede se nel corso dell’esercizio sono state realizzate solo minusvalenze da cessione di valute virtuali?

Se nel corso di un esercizio sono state realizzate solo minusvalenze non vi è l’obbligo di dichiararle ai fini fiscali. Tuttavia inserire tali minusvalenze nel quadro RT del modello redditi PF dà la possibilità di utilizzarle nell’esercizio in corso e nei quattro esercizi successivi per la compensazione con altre plusvalenze realizzate dal contribuente.

Le plusvalenze derivanti dalla cessione di valute virtuali possono essere compensate anche con altri minus valori realizzati ai sensi dell’art.67 del TUIR comma 1 lettera c, c-bis, c-ter, c-quater come ad esempio quelle derivanti dalla vendita di partecipazioni qualificate e non oppure dalla cessione o chiusura di contratti derivati.

La detenzione di criptovalute comporta inoltre obblighi di monitoraggio fiscale.

Infatti sono stati estesi gli obblighi ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.

Inoltre, è previsto l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.

Si precisa che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE,) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria”.

Nel punto 7 e 8 vi è l’obbligo di inserire di inizio e fine delle criptovalute in wallet esteri.

Nel punto 11, IVAFE dovuta è pari a 0,00 €

Criptovalute, l’incasso da parte della società di capitali

L’incasso di bitcoin da parte di un’azienda o un’attività commerciale, è equiparato all’incasso di dollari, rubli o altra moneta estera. Il trattamento fiscale è il medesimo. E se il titolare dell’azienda, in seguito, dovesse rivendere i bitcoin e ricavarne una plusvalenza, dovrebbe pagarci le tasse, come un normale reddito di impresa. Se, al contrario, non li avesse ceduti, assumerebbe rilevanza fiscale la valutazione dei saldi a fine esercizio.

La società di intermediazione

L’Agenzia delle Entrate, basandosi solo sulle conclusioni a cui sono giunti i giudici europei, afferma che l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce una attività rilevante oltre agli effetti dell’IVA anche dell’IRES e dell’IRAP.

Soffermandoci alle imposte dirette, l’elemento di reddito – derivante dalla differenza (positiva o negativa) tra prezzi di acquisto sostenuti dall’istante e costi di acquisto a cui si è impegnato il cliente (nel caso in cui quest’ultimo abbia affidato alla società l’incarico a comprare) o tra prezzi di vendita praticati dalla società e ricavi di vendita garantiti al cliente (nel caso di affidamento di incarico a vendere) – rientra tra i ricavi (o i costi) caratteristici di esercizio dell’attività di intermediazione esercitata.

Pertanto, secondo l’Agenzia, essi contribuiscono quali elementi positivi (o negativi) alla formazione della materia imponibile soggetta ad ordinaria tassazione ai fini IRES (ed IRAP).

Inoltre, i bitcoin che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della società devono essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio.

Dal punto di vista dell’imposta sul valore aggiunto Iva, le transazioni moneta-cripto sono esenti. Queste operazioni di conversione sono effettuate da società di exchange che svolgono attività di TIER1 (conversione di moneta corrente in criptovaluta e viceversa),  e costituiscono in tutto e per tutto operazioni finanziarie, in quanto tali valute “sono state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento”. La conversione è un servizio esente da IVA  ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 3), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

A cura di Fernando Del Rosso, Dottore Commercialista e CEO di Del Rosso & Partners

In ogni momento potrai contattare i nostri Consulenti info@delrossoepartners.it e tel 0287178916, per richiede una consulenza per gli adempimenti fiscali relativi al tuo acquisto di criptovalute ed il relativo monitoraggio fiscale.

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