La crescita aziendale spesso conduce le società ad investire in altre società, attraverso il controllo di fatto o di diritto, vestire giuridicamente le business unit e per effetto realizzare delle operazioni di controllo intercompany.
L’articolo 2359 del Codice Civile disciplina il controllo tra società e non quello in cui il controllo sia esercitato da una persona fisica.
Il concetto di controllo si distingue dal concetto di gruppo. Si individuano due tipi di gruppi: gruppo orizzontale e gruppo verticale. Nel primo, detto anche paritetico, la direzione deriva da accordi contrattuali tra più società che non si trovano in posizione di subordinazione tra loro. Nel secondo la direzione si basa su un rapporto di controllo tra le società che vi appartengono.
In quale situazione possiamo dire che una società controlla un’altra società?
A questa domanda possiamo rispondere attraverso la triplice definizione di società controllante fornita dal codice civile all’articolo 2359; quindi attraverso tale definizione possiamo individuare 3 tipologie di controllo – le disposizioni del 2359 valgono sia per le società di capitali che per le società di persone.
CONTROLLO DI’ DIRITTO
Si definisce la società A controllante della società B quando A detiene la maggioranza dei voti esercitabili nell’ assemblea ordinaria di B; quindi A detiene almeno il 51% dei diritti di voti esercitabili nella società B –
CONTROLLO DI’ FATTO
Si definisce la società A controllante della società B quando A detiene dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di B; in questo caso A detiene una partecipazione che è inferiore al 51% dei diritti di voto esercitabili nella società B, ma è comunque in grado di influenzare le decisioni che verranno prese in B. Tale influenza dominante viene dettata anche dalla particolare situazione patrimoniale della società B(partecipazioni molto piccole in capo a più soggetti / assenteismo dei soci) –
Il codice civile stabilisce anche che nel controllo di diritto e nel controllo di fatto vengono computati anche i voti che derivano da società controllate, società fiduciarie e a persona interposta; si contano anche le azioni ricevute in pegno o in usufrutto, ma non si computano i voti spettanti per conto di terzi. (Es. se A esercita un controllo su B e B esercita un controllo su C, allora possiamo dire che A esercita un controllo su C) –
Queste 2 tipologie di controllo partono dal presupposto che una società sottoscriva parte del capitale sociale di un’altra società.
CONTROLLO INDIRETTO Si definisce la società A controllante della società B quando A esercita un’influenza dominante su B attraverso particolari vincoli contrattuali (es. A è l’unico rifornitore ufficiale di B e quindi B ha un processo produttivo dipendente da A). – CONTROLLO CONTRATTUALE
L’art.2359 termina fornendo la definizione di società collegata:
“Si definisce la società A collegata della società B quando A esercita un’influenza notevole su B”
In questo caso non è chiaro cosa voglia dire “influenza notevole” e come questa si distingue dall’influenza dominante, anche se si suppone che con l’influenza dominante la società che la esercita abbia una maggiore capacità di influenzare le decisioni della società che sta subendo l’influenza; anche se il codice civile fissa un limite dato che sancisce che l’influenza può essere esercitata su di una società quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno 1/5 dei voti ovvero 1/10 se la società ha azioni quotate nei mercati regolamentati.
MODALITA’ DI CONTROLLO DA PARTE DI POSSIBILI INVESTITORI (VENUTURE CAPISTALIST)
Abbiamo accennato precedentemente al fatto che il venture capitalist eserciti una forma di controllo sull’impresa in cui ha investito, ma che tale controllo non viene esercitato sottoscrivendo una partecipazione di controllo di diritto.
Allora come riesce ad ottenere il controllo sull’impresa?
Attraverso altre forme di controllo:
- Il controllo di fatto – la partecipazione del venture capitalist si aggira intorno al 25% / 30%, quindi sottoscrive una quota considerevole di capitale e a questo si aggiunge anche il fatto che opera in un’impresa giovane, dove gli altri soci non hanno un’elevata esperienza in campo economico finanziario e quindi questo può agevolare il venture capitalist nel controllo della società; precisiamo che questa forma di controllo non è molto efficace in quanto non fornisce molte garanzie e tutto questo perché tale controllo può derivare solo da un contesto interno favorevole, che non sempre si può trovare all’interno delle imprese.
- Avere un ruolo nel consiglio di amministrazione, in modo tale da andare ad influenzare gli accadimenti societari.
- Meccanismi di governance che gli consentono di avere il controllo su alcune decisioni dell’impresa – tra i meccanismi di governance riconosciamo i patti parasociali, cioè degli accordi fatti tra i soci fuori dall’atto costitutivo; nel caso specifico, spesso tra venture capitalist e gli altri soci si viene a stipulare un patto parasociale in cui si prevede che certe decisioni devono essere prese o solo dal venture capitalist o che devono essere prese anche con il consenso del venture capitalist (es. un aumento di capitale, il lancio di un nuovo prodotto, investimenti che superino una certa somma di denaro). In alcuni casi la pressione del venture capitalist risulta ancora più massiccia (es. viene stabilito nel patto parasociale che qualora l’impresa non raggiungesse certi obiettivi che il portatore dell’idea aveva pronosticato, allora il controllo all’interno dell’assemblea spetta al venture capitalist visto che non sono stati rispettati i target che ci sono posti all’inizio).
Conclusioni
La gestione della crescita imprenditoriale viene spesso effettuata attraverso il decentramento del potere decisionale, e per effetto realizzata attraverso la costituzione di newco sottoposte alla vigilanza e controllo da parte della classe imprenditoriale. Il fenomeno del controllo è quindi spesso la conseguenza della crescita delle imprese.